Si accennava poco fa al tema del 'commissariamento' dei gesuiti. La decisione di papa Wojtyla di commissa
L'attacco di Wojtyla ad Arrupe e ai gesuiti
Arrupe aveva gia' conosciuto un po' di tutto, dalla sua nascita a
Bilbao il 14 novembre 1907: l'esilio in Spagna; il periodo del nazismo
in Germania; la fase in cui i superiori lo destinarono agli studi di
psichiatria; lo stile di vita degli Stati Uniti; l'entrata del Giappone
nella Seconda guerra mondiale, mentre scopriva e si appassionava allo
zen e alla cultura orientale. Ma anche la prigione, per l'accusa di
spionaggio; cosi come l'enorme sfida di formare dei giovani giapponesi
secondo lo spirito del basco Ignazio di Loyola.
Il superiore
provinciale Pedro Arrupe si preparava ad assumere le piu' grandi
responsabilta'. Egli aveva fatto gia' piu' volte il giro del mondo,
ricco dell'esperienza di una permanente vita cosmopolita, molto diversa
da quella di Karol Wojtyla. Mentre si trovava nell'eclettica comunita'
gesuita del Giappone, intento a rafforzare il prestigio dell'universita'
Sophia in questo paese di missione, fu eletto nel 1965 padre generale
della Compagniaa di Gesu'. Da qui, lo slancio profetico di Pedro Arrupe
si estese su tutto il pianeta, rispondendo alle sfide degli anni
Sessanta e alla crisi del dopo Concilio in seno alla Chiesa. Ottimista
per natura, continuo' a essere gioviale e sorridente, vivendo una
relazione personale con ciascuno dei suo confratelli, sempre rivolto al
futuro e impregnato di una permanente creativita' : ''gesuiti come
quelli di una volta'' amava dire.
Ma il post Concilio e' anche il
momento in cui cominciano i suoi problemi con la Santa Sede. Paolo VI
che pure nutriva molto affetto per Pedro Arrupe, comincio' ad avere
paura di attraversare l'ultima tappa del Concilio a causa della
rivoluzione spirituale provocata dal Vaticano II nella Chiesa. Pedro
Arrupe doveva rendere compatibili due realta' che aveva conosciuto bene
nel corso della sua vita: la propria 'visione' della Chiesa e la
fedelta' alla Sede apostolica. Qui e' da ricercare l'origine del dramma
di Pedro Arrupe. I gesuiti, guidati da Arrupe, decisero nel corso della
loro trentaduesima congregazione generale di lottare contro
l'ingiustizia nel mondo, in seguito alle loro nuove opzioni di fede.
Questo tema e la revisione dei gradi (le differenti categorie dei
gesuiti all'interno dell'ordine) provocarano un intervento della Santa
Sede. Paolo VI convoco' Pedro Arrupe e non lo lascio' parlare. Gli
ordino' di scrivere cio' che gli avrebbe dettato il sostituto della
Segreteria di stato, il cardinale Benelli. Arrupe usci' in lacrime. Ma
qualche minuto dopo, con un sorriso sulle labbra, spiegava ai
rappresentanti dei gesuiti di tutto il pianeta e ai partecipanti della
congregazione di Roma come obbedire con gioia. Era diventato una specie
di idolo per i giornalisti (era disponibile in tutto e per tutti): si
ritrovava traccia delle sue lettere e delle sue conferenze stampa
perfino nei giornali dell'Unione Sovietica.
Poiche' scriveva
articoli sull'ingiustizia in America Latina, sul razzismo negli Stati
Uniti o sulla mancanza di spirito sociale dei suoi ex allievi, fu
accusato di marxismo. Egli si prese il rimprovero con humour, senza
tuttavia che alcuna critica limitasse la sua liberta'.
Questa
apertura sociale, cosi' radicata in lui, esasperava chi all'epoca era
arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla. I gesti di Arrupe avevano piu'
impatto delle sue parole: ando' negli Stati Uniti a rendere vista a
Daniel Berrigan, un gesuita incarcerato per aver bruciato i dossier
militari di reclutamento per la guerra in Vietnam. Sfido' il dittatore
Alfredo Stroessner, che aveva espulso numerosi membri dell'ordine in
Paraguay. Critico' il generale Franco sul tema delle torture in Spagna.
Difese Tielhard de Chardin, il criticato antropologo gesuita, e
instauro' un dialogo con i non credenti, gli scienziati, i marxisti e le
culture non occidentali.
Ma, soprattutto, scrisse centinaia di
testi di spiritualita' e fu piu' volte eletto presidente dei superiori
degli ordini religiosi a Roma. Era un leader incontestato del dopo
Concilio, seguito e ammirato dall'ala rinnovatrice, fino ad allora
maggioritaria, della Chiesa. Ma la parte integrista dell'ordine-nella
quale si collocava il futuro papa Jorge Mario Bergoglio- e numerosi
vescovi non vedevano di buon occhio le innovazioni di Pedro Arrupe.
Egli aveva in effetti instaurato un modo di governare diverso, piu'
disinvolto e amichevole, e stabilito nuove interpretazioni
dell'obbedienza e della vita religiosa. L'intervento di quelli che si
chiamavano ironicamente i 'gesuiti a piedi nudi' si propago' soprattutto
in Spagna.
L'arcivescovo di Madrid, che era allora Casimiro
Morcillo, fu sul punto di ottenere dal Vaticano la creazione di una
provincia a parte del tutto il gruppo dei gesuiti ortodossi. Tuttavia,
Pedro Arrupe, instancabile viaggiatore, che aveva ritardato
intenzionalmente la sua visita in Spagna, proprio perche' era il suo
paese, vi si reco' nel 1970 e, con la sua innata simpatia, ''si mise in
tasca'' numerosi conservatori. Anche l'ondata di proteste da parte di
coloro che volevano dei gesuiti ''piu' tradizionali'' continuava ad
avere ripercussioni fino a Roma.
Giovanni Paolo I mori' prima di
pronunciare un discorso molto critico nei riguardi dei membri
dell'ordine di Ignazio di Loyola. E' evidente che anche Giovanni Paolo
II non condividesse le idee di padre Arrupe, anche si rispettava il suo
grande impegno spirituale. Pedro Arrupe tento' di dialogare con lui. Ma
il papa aveva gia' preso da se' le decisioni sul caso. Nel corso del pre
conclave che precedette l'elezione di papa Wojtyla, alcuni cardinali,
su richiesta del generale dei gesuiti, discussero dello stato
dell'ordine nel mondo e analizzarono il discorso di papa Luciani,
Giovanni Paolo I.
Karol Wojtyla, che aveva gia' avuto degli attriti
con i gesuiti nella sua diocesi, era tra quelli. In seguito, Pedro
Arrupe domando' numerose volte udienza a Giovanni Paolo II. Ma il ''papa
bianco'' non volle ricevere il ''papa nero'' se non due volte; e
solamente per brevi istanti.
Ne corso dei suoi esercizi spirituali,
padre Arrupe ebbe una premonizione sulle sofferenze che avrebbe potuto
provocare ai gradi superiori. ''Se il mio stile non piace al papa, mi
devo dimettere'' disse. Annuncio' alla Compagnia che avrebbe rinunciato
al suo posto. Il papa non accetto' le sue dimissioni. Aveva un altro
piano per l'avvenire della Compagnia. Sopraggiunge pero' la trombosi e
l'orologio si arresto'. Con la meta' del corpo paralizzato, Pedro Arrupe
dovette reimparare in qualche modo a scrivere. L'uomo che parlava sette
lingue aveva ormai solo l'udito e a stento poteva esprimersi in
spagnolo. Aveva dimenticato tutti i nomi.
Chi ebbe l'occasione di
rendergli visita a Roma per preparare la sua biografia, nel luglio 1983,
racconta che Arrupe si trovava in un angolo della sua spoglia stanza di
ospedale, scavato, quasi trasparente, ma con un dolce sorriso sulle
labbra, sostenuto da un coraggio interiore impressionante. Pedro Arrupe
sorrideva, ma i suoi occhi piangevano. Poiche' non gli era piu'
possibile governare conformemente ai regolamenti della Compagnia, aveva
nominato il suo vicario, padre Vincent O'Keefe, per convocare la
congregazione generale, il 'parlamento' gesuita, che doveva eleggere il
suo successore.
A quel punto, la Santa Sede intervenne in maniera
imprevista. Un bel giorno, il cardinale Agostino Casaroli, senza
informare il nuovo vicario, rese visita a padre Arrupe nella sua stanza
d'ospedale. Quando usci', dopo alcuni minuti, c'era una lettera sul
tavolo, consegnata all'addolorato padre Arrupe. Il papa interrompeva il
processo costituzionale dell'ordine e nominava il suo delegato
personale.
All'inizio il Vaticano aveva addirittura pensato a un
uomo che non appartenesse alla Compagnia. Ma alla fine decise di
scegliere un gesuita, padre Paolo Dezza, un ottantenne, mezzo cieco, che
era stato confessore di due papi e la cui principale caratteristica era
proprio quella di non approvare le idee di Pedro Arrupe. Per
ricompensarlo dei suoi servizi, Giovanni Paolo II lo avrebbe nominato
cardinale, dopo la morte di Arrupe. Contemporaneamente a queste manovre,
padre Arrupe ricevette il suo biografo, il giornalista scrittore Pedro
Miguel Jamet, per un periodo di venti giorni (con il permesso di padre
Dezza e del suo coadiutore padre Giuseppe Pittau) e gli accordo'
l'ultima grande intervista della sua vita, prima di perdere
definitivamente la parola.
Il biografo ripercorre tappa per tappa le
differenti peripezie della vita del papa nero e Pedro Arrupe rilascio'
preziose dichiarazioni. Eccone qualche esempio illuminante. Sulla
decisione dei gesuiti di optare per la giustizia internazionale :
''Sentivo che qualcosa di nuovo stava per cominciare. Avevo una certezza
molto forte in me. Non avevo il minimo dubbio. Apparivano una nuova era
e dei nuovi valori. Che bella cosa!''. Jamet gli rammento' che la
decisione di optare per la giustizia era gia' presente, in molti suoi
interventi e lettere. E che durante il Concilio egli aveva gia' parlato
del dialogo con il mondo. ''Si', alcuni padri del Concilio allora mi
avevano detto : ''Che idiozia!'' Ma io mi sentivo libero. Sapevo che
cio' fa parte di Dio. Ora, sono tutti d'accordo su questo''.
Sulla
sua maniera di governare i gesuiti, rispettando la liberta' degli
individui, Arrupe disse : ''Io non posso governare che in un solo modo.
Non sono autoritario. Io spiegavo ed erano loro a decidere''. Su Montini
e Wojtyla fece due commenti illuminanti: ''Ho avuto grande fiducia in
Paolo VI. Parlavamo di tutto. Dopo essere stato eletto, Giovanni Paolo
II mi ricevette e mi pose una serie di domande sulla Compagnia, ma in
modo molto generale. Io ero gia' molto preoccupato e avevo molti dubbi.
Dopo aver presentato le mie dimissioni, egli mi ricevette due volte. Ma
parlo' molto poco con me.''
E' chiaro che il papa venuto dall'Est e
ferocemente anticomunista non poteva accettare l'idea di un dialogo con
il marxismo, ne' comprendere il sostegno di Pedro Arrupe ai movimenti
legati alla teologia della liberazione; e neanche una nuova immersione
dei gesuiti nel mondo, in quelli che Karol Wojtyla considerava posti
limite.
Padre Giuseppe Pittau, uomo di fiducia del papa e delfino
scelto per la successione a Pedro Arrupe, racconto' che Giovanni Paolo
II non poteva sopportare di sentir citare in una conversazione il nome
di Arrupe. ''Questo lo rende subito nervoso'' rivelo' Pittau.
L'avversione di Wojtyla per i gesuiti e' palese. Pittau ha narrato :
''Padre Arrupe stesso mi racconto' che tutte le domeniche si metteva
sistematicamente sulla porta della curia generalizia dei gesuiti, nel
quartiere di Santo Spirito, per salutare il papa che passava di la' in
macchina nel pomeriggio, per recarsi in visita, ogni settimana, a una
parrocchia romana. Il papa non rispondeva mai al suo saluto''.
Pedro
Arrupe, dopo la trombosi, era consapevole del decadimento psicologico
dovuto alla malattia. A mezze parole diceva sovente : ''Io non servo
piu' a niente, sono un pover'uomo. Io ho tentato di dire la verita' a
ogni persona in tutta franchezza, come la vedevo davanti a Dio. Vedo
tutto molto chiaramente. Vedo un mondo nuovo. Sentivo che una luce mi
guidava. Noi abbiamo molto sofferto.'' E con la mano sinistra prendeva
la sua mano destra tutta irrigidita per dare la benedizione.
Il 2
settembre del 1983, la congregazione generale, finalmente autorizzata
dal papa, si riuni' e scelse il successore di Pedro Arrupe nella persona
di padre Peter-Hans Kolvenbach, un olandese contro cui l'ex vescovo del
Guatemala Gerard Bouffard (ora cristiano rinato in Canada, dopo aver
lavorato sei anni in Vaticano con l'incarico di trasmettere la
corrispondenza giornaliera riservata tra il papa e i dirigenti
dell'ordine dei gesuiti) ha rivolto pesanti accuse.
Precedentemente,
Pedro Arrupe aveva presentato la sua domanda di rinuncia – un fatto
inedito nella Compagnia – e aveva fatto leggere per bocca di un compagno
il suo testamento spirituale e il suo addio alla congregazione
generale. Essa lo accolse in piedi e con la piu' grande ovazione mai
tributata a un padre della Compagnia di Gesu'. Piu' tardi, Giovanni
Paolo II gli rese personalmente visita a due riprese, quando era
costretto a letto.
Le foto mostrano un Pedro Arrupe dolce di fronte
allo sguardo severo del papa. Un'altra foto, piu' vecchia, scattata nel
corso di un'udienza, ha fatto il giro del mondo. Mostra senza ombra di
dubbio lo sguardo molto severo rivolto a Karol Wojtyla al padre dei
gesuiti.
Eppure, il carisma spirituale di Arrupe era enorme. Severo
Ochoa, premio Nobel e compagno di studi di medicina di Pedro Arrupe,
benche' si dichiarasse agnostico, gli chiese un giorno la benedizione in
ginocchio. Anche Madre Teresa di Calcutta e frere Roger di Taize',
cosi' come cardinali, vescovi e semplici persone venute da tutte le
regioni del mondo, gli resero visita.
Persino una comunita'
protestante era presente durante tutta la sua malattia, accendeva un
cero e intonava canti religiosi. Tutti si trovavano d'accordo
sull'elogio della sua semplicita' e insistevano sul fatto che Pedro
Arrupe fosse soprattutto un amico.
Pedro Arrupe passo' il resto dei
suoi giorni in seminconscienza in una piccola camera romana vicino alla
curia generalizia dei gesuiti, a due passi dal Vaticano. Vi mori' nel
1991. Il temperamento energico lo aiuto' a mantenersi in vita
relativamente a lungo. I suoi ultimi progetti concernevano i
tossicodipendenti e i rifugiati.
Con un grande senso dell'umorismo,
Arrupe aveva l'abitudine di ascoltare le battute sul suo conto, come
questa frase velenosa : ''Un basco ha fondato al Compagnia di Gesu', e
un altro si e' incaricato di distruggerla''. Il teologo gesuita
salvadoregno Jon Sobrino, in compenso, ha detto di lui '' che aveva
aiutato la Compagnia a essere piu' vicina a Gesu'''.
L'itinerario
spirituale di quest'uomo singolare non e' importante solo per la storia
tormentata dei gesuiti di questi ultimi anni,ma anche in ragione del suo
percorso nella vita religiosa del dopo Concilio. Rieletto piu' volte
presidente dell'unione dei superiori maggiori, egli fu l'artefice della
modernizzazione degli istituti religiosi misti. Certamente, i religiosi
hanno sofferto per la forte
diminuzione del numero delle vocazioni.
Solamente i gesuiti hanno perduto piu' di diecimila membri in questi
ultimi trent'anni. Ma per Pedro Arrupe questa crisi era da inquadrare in
una mutazione mondiale, nel cambiamento di valori seguito alla
'rivoluzione' degli anni Sessanta.
I gesuiti hanno fatto spesso
opera di promozione sociale, allo stesso tempo criticando il
funzionamento interno della Chiesa, un'attitudine che ha infastidito
diversi papi determinati a imporre una linea accentrica alla Chies. Tra i
leader di quasi tutti i movimenti di liberazione e di trasformazione
dell'istituzione ecclesiale vi sono stati molti gesuiti : il gesuita
Rutilio Grande (assassinato dai sicari del regime salvadoregno nel
1977), la cui morte determino' l'opera e le scelte di monsignor Oscar
Romero, a sua volta ucciso; il padre Ignacio Ellacuria (trucidato nel
1989) e i suoi compagni assassinati in El Salvador, la stragrande
maggioranza dei teologi della liberazione; i vescovi socialmente piu'
impegnati del Brasile, a cominciare da monsignor Pedro Casaldaliga; cosi
come un gran numero di gesuiti firmatari dei documenti europei contro
il progetto di restaurazione del papa polacco. I provvedimenti contro la
teologia della liberazione presi dall'allora cardinale Ratzinger
(prefetto della Congregazione per la dottrina della fede) sono stati
rivolti, in gran parte, a teologi e professori spesso usciti dagli
istituti religiosi dei gesuiti.
Il commissariamento della Compagnia
di Gesu' -attuato in parallelo alla concessione di un enorme potere a
realta' come Opus Dei, CL, Legionari di Cristo, Neocatecumenali,
Focolarini- rappresenta quindi un fatto centrale nello scontro di potere
che ha agitato il Vaticano prima del conclave che ha eletto papa Jorge
Mario Bergoglio. Una vicenda che si intreccia strettamente, in modo
sotterraneo, con il tema dei rapporti con la massoneria.
Fonte : Vaticano massone