Alcuni pezzi significativi del libro 'Mossad base Italia' .
Il Mossad controllato dai Rothschild, e' dietro varie stragi come l'11/09, e personaggi come Haider, Houston, Arrigoni, ecc.
Rapimento a Roma
Poche parole tracciate malamente con un pennarello nero sul palmo
della mano, aperta a sorpresa mentre il furgone bianco e azzurro
usciva dal tribunale sulla via Salah Al Din, a Gerusalemme Est. Un
messaggio, il piu' chiaro possibile in quelle condizioni, mostrato a
noi giornalisti, fotografi e cineoperatori fermi nella speranza di
vedere l'uomo che aveva osato raccontare a un giornale inglese la
verita' sul programma nucleare israeliano.
In manette, da dietro il vetro sporco del cellulare della polizia
israeliana, Vanunu denunciava il proprio rapimento avvenuto a Roma,
dove era arrivato con un volo delle linee aeree britanniche.
Negli arsenali sparsi in varie localita' d'Israele ci sono almeno
duecento ordigni, di misura e potenza varia, pronti a bloccare o
punire chi tenta di distruggere lo stato d'Israele. ''Mai piu'
un'altra Shoah'' e' il grido di battaglia dei politici e dei militari
israeliani che, per anni, avevano giurato al mondo che non avrebbero
mai introdotto per primi un'arma nucleare nello scacchiere
mediorientale. Prima dell'exploit di Vanunu c'erano state tante
polemiche e rivelazioni sul nucleare israeliano. Da dove era arrivata
la tecnologia? Chi aveva fornito l'uranio? Dove venivano preparati
gli ordigni? Un mistero ormai in buona parte svelato, anche se
formalmente ancora coperto dalla massima
segretezza. Israele non ha mai sottoscritto il Trattato di non
proliferazione, ma la rivista Jane's, specializzata in questioni
militari, ha offerto al suo pubblico cio' che le ispezioni delle
Nazioni Unite non hanno mai potuto fornire. Descrizione dei luoghi di
stoccaggio delle armi nucleari e della loro tipologia, segnalazioni
delle zone dove, durante vari conflitti, erano dislocate le testate
montate sui missili Gerico pronti al lancio e puntati in direzione
del nemico. Inoltre, indicazioni sulle aree pattugliate dai
sommergibili di fabbricazione tedesca, probabilmente in grado di
sferrare dal mare una risposta a un eventuale attacco a Israele, se
necessario anche con armi di distruzione di massa.
Chi, arrivando a Tel Aviv o a Gerusalemme Ovest, chiede
l'accredito come giornalista, dive sottoscrivere un accordo per
rispettare la censura su una miriade stupefacente di argomenti. Da
qualche anno le due o tre pagine fitte di temi vietati, per i quali
era necessaria una dispensa della censura, sono state ridotte, anche
perche' di rado le regole rimaste in piedi dai tempi del Mandato
britannico venivano applicate in modo stringente. Come considerare
segreto di stato uno sciopero? O un incidente ferroviario? Come non
parlare di attentati e azioni di guerra quando la radio, sempre
accesa anche sui mezzi pubblici, informava in tempo reale di cio' che
succedeva nel paese? Qualche argomento, pero', resta ancora tabu' :
l'arsenale nucleare e le postazioni delle rampe di lancio, la
centrale nucleare di Dimona nel deserto del Negev e cio' che succede
nei laboratori ultrasegreti della guerra chimica e biologica di Nes
Tsiona, a sud di Tel Aviv. Corrispondenti e inviati stranieri evitano
di trattare questi temi ma piu' di una volta giornalisti israeliani
hanno fornito a quotidiani e settimanali stranieri informazioni
''riservate'' perche' fossero pubblicate.
Una volta di dominio pubblico all'estero, infatti, le storie
possono essere trattate con tutte le cautele del caso anche dalla
stampa locale.
Mordechai Vanunu lavorava alla centrale di Dimona. Cresciuto in
una famiglia estremamente religiosa, cio' che vide nei laboratori
sotterranei, protetti da metri e metri di cemento armato, provoco' in
lui una crisi spirituale e morale. In impianti come quello nel Negev
la sicurezza e' ai massimi livelli. Un caccia israeliano che si era
avvicinato troppo venne abbattuto quando il pilota, per un guasto
agli apparati di bordo, non si rese conto di essere pericolosamente
fuori rotta e non rispose all'ordine imperativo di allontanarsi.
Impiegati e scienziati sono selezionati con cura. Il loro passato e'
sviscerato a fondo, le famiglie esaminate al microscopio. Eppure, il
servizio preposto al controllo dell'impianto nucleare in
collaborazione con lo Shin bet non si accorse della fragilita'
psicologica di Vanunu e nemmeno della piccola macchina fotografica
con la quale scatto' decine di immagini. La vicenda e' relativamente
lunga, ma a noi interessa soprattutto il finale romano.
Vanunu, con un pacco di fotografie nella borsa, lascio' Israele e
il suo lavoro senza sollevare sospetti. Se ne ando' in Australia,
dove cerco' di far pubblicare la sua storia. Un giornale del gruppo
appartenente a Robert Maxwell, magnate della stampa molto vicino
al Mossad e forse ucciso dal Mossad, non era interessato a far uscire
il pezzo, ma il giornalista chiamo' i servizi segreti australiani,
che inviarono una segnalazione a Tel Aviv. Dalla base, sulle rive del
Mediterraneo, partirono ordini chiari: rintracciate Vanunu e datevi
da fare per capire se quelle foto possono costituire un pericolo.
Scoprire che l'uomo aveva lavorato a Dimona fu questione di pochi
minuti. Ogni israeliano senza carta d'identita' e il suo prezioso
numero che lo segue ovunque, dalla banca al supermercato,
dall'ufficio passaporti al circolo, e' nudo. La sequenza di cifre
apre le porte, ma e' anche il modo con cui il Grande Fratello
monitora ogni frammento della vita del cittadino. Shimon Peres,
all'epoca primo ministro, venne immediatamente informato del
problema. Il Mossad dipende direttamente dal premier e Peres,
oltretutto, e' considerato il padre del nucleare israeliano. Non ha
mai indossato la divisa o combattuto con un'arma in pugno, ma ha dato
al suo paese la sua arma piu' potente.
Mentre gli agenti israeliani gli davano la caccia, Vanunu si era
trasferito dall'Australia a Londra, alla ricerca di un giornale
disposto a pubblicare la sua storia. Non poteva sapere che anche
Maxwell era un agente di Israele e nemmeno che il capo servizio
esteri di uno dei suoi piu' importanti quotidiani lavorasse, come
molti altri giornalisti, per il Mossad. Da Tel Aviv partirono altri
agenti, inconsapevoli del fatto che Vanunu avesse contattato anche il
Sunday Times e che il suo racconto, in mano a uno dei piu' noti e
stimati reporter del settimanale, stesser per essere pubblicato. Per
anni Israele ha negato di aver rapito Vanunu. Soltanto nel marzo del
1995, quasi dieci anni dopo il fatto, la censura militare ha perso la
battaglia scatenata dalla stampa israeliana per poter raccontare cio'
che ormai sapevano tutti. Era stato Peres in persona a dare l'ordine
di catturare il traditore e riportarlo in patria. Vanunu doveva
essere interrogato; era necessario capire cosa sapeva e impedirgli di
far pubblicare le immagini del cuore strategico di Dimona, con le
prove che Israele aveva gia' montato quasi duecento ordigni nucleari.
Il premier, indirettamente, scelse Roma per portare a termine
l'operazione. Yossi Melman, esperto di spionaggio del quotidiano
Haaretz, scrisse in proposito :
'Peres fece sapere che non intendeva creare uno scandalo con il
governo della signora Thatcher. Occoreva trovare un luogo sicuro per
l'operazione. Con Francia e Germania c'era il pericolo di una crisi.
Allora fu scelta l'Italia. E' risaputo che i rapporti tra i servizi
segreti israeliani e italiani sono sempre stati ottimi. Oltretutto
Roma e' una citta' dove risulta molto facile operare indisturbati.''
E dove, ormai e' chiaro, la collaborazione tra i servizi segreti e
la complicita' del governo italianoe' tale da mettere a tacere ogni
forma di legalita'.
Ma come far arrivare Vanunu a Roma? Niente di piu' facile per
l'agente del Mossad Cheryl Hanin Bentov. Nelle prime versioni,
filtrate attraverso le maglie dei servizi segreti, l'incontro a
Leicester Square fu casuale. La verita' e' un'altra. Le spie a mezzo
servizio con il giornalismo britannico sapevano piu' o meno dove
alloggiava. E gli agenti, arrivati di corsa da Tel Aviv, non ci
misero molto a rintracciarlo. L'esca sarebbe stata Cheryl, nome
scelto per l'occasione : Cindy. Come resisterle? Era carina, quasi
bella, una bruna diventata bionda per essere piu' seducente, un corpo
pieno, giovane ma non troppo da insospettire. E poi, quel sorriso
cosi' ammaliante. Mordechai la vede per la prima volta riflessa nella
vetrina di una bottega tra Soho e Piccadilly. I loro sguardi si
incrociano. Gli occhi di Cindy, invece di sfuggire, restano fiss in
quelli di lui. Un invito a cui il timido Mordechai non puo'
resistere. ''Turista anche tu?''. Una domanda innocente, sufficiente
per avviare una conversazione. Lei, gli dice, fa la parrucchiera, e'
un'ebrea americana. ''Un caffe' insieme?'' Fu il primo di molti.
L'uomo scappato dalle viscere della centrale nucleare nel deserto
aveva abboccato in pieno. Aveva bisogno di compagnia, di coccole, e
la giovane donna sapeva cosa dire, di cosa parlare. ''Sto andando a
Roma a trovare mia sorella. Ha un appartamento. Vieni anche tu,
possiamo stare da lei''. Mordechai aveva appena finito di raccontare
la sua storia ai giornalisti del Sunday Times. La mattina del 30
settembre, pero', e' il Sunday Mirror, tabloid di Maxwell imbeccato
dal Mossad e dalle autorita' di Tel Aviv, a pubblicare una foto di
Vanunu corredata da una storia di finte rivelazioni sul nucleare
israeliano, nel tentativo di screditare l'articolo in uscita sul
giornale concorrente e la testimonianza di Vanunu.
''Ho paura'' disse Mordechai a uno dei giornalisti del Times
''vado via per un lungo weekend con Cindy''. L'incontro con la
giovane donna americana non era un segreto, ma la storia non
convinceva i giornalisti. Gli dissero di non partire. ''Potrebbe
essere una trappola, qui in Gran Bretagna non ti succedera' nulla''.
Avevano ragione.
I servizi segreti britannici erano stati informati di tutto dai
loro colleghi di Tel Aviv e non avevano problemi a collaborare. Unica
richiesta : ''Non ci mettere in difficolta' con un colpo di mano qui
da noi''. In un primo momento il Mossad aveva pensato di eliminare
Vanunu, ma l'idea fu scartata. Non avrebbero impedito al giornale di
pubblicare le rivelazioni su Dimona e un assassinio avrebbe messo in
difficolta' sia Israele sia il governo di Londra. Ed ecco l'idea di
portare il traditore fuori dalla Gran Bretagna. Fu un viaggio
tranquillo. Vanunu era felice, Cindy sapeva giocare bene il ruolo di
donna mezza innamorata. Una macchina li attendeva a Fiumicino e la
cosa, ammise Vanunu molti anni dopo, l'aveva insospettito. Non ebbe
il tempo di riflettere piu' di tanto. Arrivarono rapidamente
all'appartamento ''della sorella di Cindy'' e, invece di trovare una
donna, ad accogliere Vanunu c'erano tre agenti del Mossad. Si accorse
appena della siringa nel braccio. Il potente sonnifero fece subito
effetto, dando modo ai rapitori di legare il prigioniero, bendarlo,
imbavagliarlo e trascinarlo fuori dall'appartamento in una 'comoda'
cassa. Una versione aggiornata di quel baule nel quale, anni prima,
l'israeliano Mordechai Louk stava per essere spedito da Fiumicino in
Egitto. Dove gli egiziani fallirono, gli israeliani, grazie anche ai
loro rapporti privilegiati con i colleghi italiani, ebbero successo.
La cassa fu adagiata in uno di tre furgoni presi in affitto dal
Mossad e trasportava alla Spezia, lo stesso porto da dove migliaia di
profughi ebrei erano salpati per la Palestina. Secondo quanto
accertato da un giornalista del Sunday Times. Vanunu venne imbarcato
su un cargo israeliano, il Tapuz- significa ''arancia'' in ebraico –
battente bandiera panamense. Questo il racconto di alcuni membri
dell'equipaggio :
''Ci fecero attendere al largo del porto per tre giorni. Finche',
una sera, ricevemmo l'ordine di chiuderci tutti nella sala da pranzo
al ponte inferiore. Poi sentimmo il rumore di un motoscafo, salirono
a bordo due uomini e una donna con un prigioniero che sembrava
narcotizzato. Ma non ci fu mai un vero contatto tra noi e loro, se
non quando conducevano il prigioniero al gabinetto. La ragazza pero'
era molto dura. Pretendeva dal cuoco i pranzi piu' elaborati a tutte
le ore e si faceva almeno tre docce al giorno, pur sapendo che
avevamo poca acqua dolce a bordo.''
La Spezia, Marsiglia, poi Israele. Il 9 novembre, a Tel Aviv,
l'annuncio: Vanunu il Traditore e' in un carcere segreto. Quattro
giorni prima, constatata la sua scomparsa, il Sunday Times aveva
pubblicato quanto avevano saputo dal tecnico israeliano e controllato
grazie a vari esperti di strutture nucleari. Tre pagine piene di
fotografie scattate a Dimona e del racconto del Traditore. ''Guarda,
questo e' l'immenso danno che hai fatto al tuo paese'' gli dissero
gli agenti che lo accolsero ad Ashdod mostrandogli il settimanale
britannico. Vanunu fu confinato per anni in isolamento, prima e dopo
il processo a porte chiuse e la condanna a 18 anni, tutti scontati.
Per la stampa israeliana la vicenda aveva due aspetti da
approfondire: l'identita' delal donna-esca e la questione nucleare.
Cindy-Cheryl fu rintracciata in Israele, che lascio' per trasferirsi
con la famiglia a Orlando, in Florida. La versione accreditata da Tel
Aviv parla di una specie di prepensionamento, visto che era stata
individuata e non sarebbe piu' stata utile al Mossad. Altri
sostengono che sia in missione con il marito, un 'ex'
dell'intelligence militare. I due, ufficialmente, gestiscono
un'agenzia immobiliare in un quartiere molto ricco della citta'.
Amici e conoscenti dicono di non sapere che fu lei a trascinare
Vanunu a Roma. E qui arriviamo a cio' che ci interessa. Il rapimento
e' stato al centro di un'indagine giudiziaria finita nel nulla, come
tante altre impostate dai magisrati inquirenti italiani
sull'attivita' dei servizi segreti israeliani.
Quella frase scritta sul palmo della mano di Vanunu e ripresa
dalla stampa di mezzo mondo indusse il giudice romano Domenico Sica
ad aprire un fascicolo sul 'presunto rapimento'. Nell'estate del
1998, dopo essere stato criticato dall'avvocato israeliano del
tecnico di Dimona e dalla stampa israeliana, il giudice fu costretto
a spiegare perche' aveva deciso di archiviare il caso. Sica aveva
impiegato due anni per arrivare alla conclusione che Vanunu non era
un traditore, bensi un agente del Mossad che aveva orchestrato
l'intera vicenda per depistare gli ambienti interessati a conoscere
la reale situazione della ricerca nucleare nel laboratorio di Dimona.
Ma come e' arrivato a tale certezza?
L'avvocato di Vanunu non ha dubbi sulla collusione tra le
autorita' italiane e israeliane e sul fatto che il magistrato deve
aver agito per affossare il caso. E' dello stesso parere Meir,
fratello di Vanunu, intervistato dal quotidiano 'Il manifesto'. Era
in atto il solito scontro tra i componenti filoisraeliani e filoarabi
all'interno dei servizi segreti italiani e del governo, e
probabilmente il magistrato ha ritenuto piu' facile far finire nel
dimenticatoio l'intera questione.
''Dissi a Sica che la cosa da fare era richiedere un incontro con
mio fratello, perche' Mordechai era l'unico in grado di fare
chiarezza sulla vicenda del rapimento. Sica avrebbe dovuto recarsi in
Israele, ma non lo fece. Nell'agosto 1987 andai di nuovo in Italia
con Peter (Hounam, il reporter che pubblico' per primo le rivelazioni
di Vanunu, Ndr) e diedi a Sica informazioni sul rapimento, di cui ero
venuto a conoscenza a seguito di un incontro con mio fratello in
carcere. Quelle stesse rivelazioni furono rese pubbliche poco dopo a
Londra. La conseguenza fu che le autorita' israeliane sentenziarono,
in base all'accusa di spionaggio, che il mio ritorno in Israele entro
i successivi 15 anni avrebbe comportato il mio arresto. Tornai in
Israele nove anni dopo, nel settembre 1996, a condizione di
rispondere alle domande dei servizi segreti israeliani. Mi ritirarono
il passaporto, ma alla fine non fu intrapresa alcuna azione nei miei
confronti.''
Sul perche' il rapimento sia avvenuto a Roma, Meir ha le idee
abbastanza chiare
'Forse la Gran Bretagna rispetta a propria sovranita' piu'
dell'Italia. O almeno lo ha fatto in quella circostanza. Forse la
scelta di Roma e' stata determinata dal fatto che l'Italia era un
terreno piu' facile. E il modo in cui sono andate le cose lo
dimostra. Inoltre esiste una condizione piu' ampia, legata alla
collaborazione tra servizi di diversi paesi. Il fatto che l'Italia
fosse piu' docile dipende anche dal ruolo della CIA nel paese, e poi
non dimentichiamo che l'allora governo Peres era vicino al governo
italiano. Comunque, e' ora di riaprire il caso. Un turista e' stato
rapito in terra italiana, drogato e trasportato sull'altra sponda del
Mediterraneo da agenti segreti di un altro paese, in barba al diritto
internazionale e alle leggi italiane. Violando la sovranita' dello
stato italiano. Per l'Italia va bene cosi? ''
Ci furono, come per altri casi sospetti, molte interrogazioni
parlamentari. C'era chi voleva capire se per l'Italia tutto andasse
''bene cosi''. Nella seduta della Camera del 17 febbraio 1988, Mario
Capanna si rivolse al ministro degli Esteri per sapere :
''se in seguito a queste nuove conferme del fatto che Mordechai
Vanunu e' stato rapito e trasportato illegalmente fuori dal nostro
paese a opera dei servizi israeliani, in dispregio alle leggi e alla
sovranita' nazionale, non intenda chiarire gli aspetti oscuri di
questa vicenda inquietante, non essendo certamente credibile la
versione ufficiale delle autorita' israeliane che vorrebbe Vanunu
rientrato volontariamente nel proprio paese, dove rischia la pena
capitale in un clima di intimidazione anche nei confronti della sua
famiglia; se non intenda muovere passi verso le competenti autorita'
israeliane allo scopo di conoscere i motivi per i quali abbiano
deciso ed attuato un atto contrario alla legislazione internazionale
e di salvaguardare la vita di Mordechai Vanunu.''
Gli rispose l'allora sottosegretario Raffaelli, sollecitando tutti
ad attendere il risultato dell'inchiesta giudiziaria.
Vale la pena leggere qualche brano della sterminata deposizione
resa dall'ammiraglio Martini il 6 ottobre 1999 alla ''Commissione
parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulla mancata
individuazione dei responsabili delle stragi''. Dopo aver confermato
che i servizi da lui diretti erano in ottime relazioni con quelli
israeliani, ha parlato dell'affare Vanunum affermando di aver
'minacciato di espellere il capo del centro israeliano a Roma,
fintanto che un emissario del Governo israeliano non venne a spiegare
al Governo italiano come era andata al faccenda'' :
''PRESIDENTE : Capisco cio' che lei dice, la logica occidentale,
giusta e legittima del nostro sistema di alleanze, in cui era
coerente alla fedelta' occidentale essere amici di Israele. Le volevo
fare pero' un'altra domanda. La possibilita' di ''concludere azioni
spesso spettacolari, non consentite ad altri servizi che operano con
le regole del tempo di pace'', e' stata consentita al Mossad anche in
territorio italiano, cioe' un po' di ammazzamenti.
MARTINI : Durante il mio periodo non ci sono stati
ammazzamenti.C'e' stato il rapimento Vanunu, che poi e' stato risolto
per le vie...
PRESIDENTE : Quindi questo libro, 'Vendetta. La storia vera di una
missione dell'antiterrorismo israeliano'' di George Jonas, che
racconta come diversi agenti di Al Fatah siano stati uccisi a Roma
nel territorio urbano....
MARTINI : Uno e' stato ucciso prima che arrivassi io. E' stato
ucciso in via Veneto. D'altra parte se il governo di Israele
autorizzava questo tipo di operazioni (...). Anche i francesi durante
la guerra di Algeria fecero saltare....
PRESIDENTE : Ammiraglio Martini, mi sto misurando con questo
problema laicamente. Forse facevano anche bene dal loro punto di
vista e probabilmente coloro che lo facevano rischiavano la vita. La
mia domanda pero' intendeva conoscere in base a che tipo di intese un
Servizio segreto puo' ammazzare della gente in territorio italiano
con noi che facciamo finta di niente.
MARTINI : Non e' che facciamo finta di niente, perche' quando
Vanunu dichiaro',mostrando la mano al di la' del finestrino, che era
stato rapito a Roma , si ebbe quasi una rottura delle relazioni
diplomatiche tra noi e Israele. Evidentemente Israele non si
comporto' bene in quell'occasione. Se poi Israele – sempre
precedentemente al periodo in cui sono stato capo del servizio- ha
ammazzato qualcuno a Roma, io non posso saperne nulla''
Se vogliamo credere alla parole di Martini, dovrebbe venire come
minimo qualche dubbio sulla capacita' operativa dei nostri servizi
segreti.
L'alleanza Italia-Israele
Gia' nel gennaio del 1954 l'addetto navale israeliano a Roma
comunicava l'intenzione di acquistare siluri presso il Silurificio di
Livorno, ''per un ammontare di un milione di dollari'', e di essere
interessato all'acquisto di cannoni prodotti dalle Officine
meccaniche di Pozzuoli.
Israele cercava in tutti i modi di 'farsi accettare'. L'Italia era
piu' che disposta ad aiutare, ma non
voleva rompere con gli arabi. Quando da Tel Aviv arrivo' la
richiesta di ammettere cadetti israeliani alla scuola della Marina
militare italiana, un funzionario del nostro Ministero degli Esteri
illustro' le possibili conseguenze negative :
'Non vedo come la richiesta possa conciliarsi, almeno allo stato
attuale delle cose, con le esigenze della nostra politica. Si tratta
di un gesto che, risaputo nel mondo arabo, potrebbe compromettere le
nostre relazioni con quei paesi. Tu sai quanto gli arabi temano
l'espansione militare di Israele: nulla riuscirebbe a giustificare ai
loro occhi una nostra collaborazione attiva alla preparazione dei
quadri militari di quello che essi purtroppo considerano il loro piu'
grande nemico'
La cautela con la quale i diplomatici italiani agivano nei loro
rapporti con Israele, allo scopo di non urtare ''la estrema
suscettibilita' degli Stati arabi'', emerge da un appunto del
Ministero degli Esteri.
'Converra' mantenersi molto prudenti con il ministro Sasson, uomo
abile e che-come molti rappresentanti del suo paese- tende a
valorizzare a fini di prestigio qualunque espressione di cortesia
alla quale possa essere data in qualche modo un'interpretazione
politica''
Un altro documento interno rivela che con Israele :
'le nostre relazioni si stanno evolvendo (...), paese isolato e
conscio del suo bisogno di appoggi, esso ci manifesta ad ogni
occasione un vivo desiderio di amicizia, avanza proposte concrete di
cooperazione in tutti i campi (...) senza scoraggiarsi affatto
davanti agli insuccessi dovuti ai freni che opponiamo ad una parte
dei suoi entusiasmi. Ne consegue che nei nostri organismi tecnici si
e' andato consolidando un orientamento favorevole a Israele e molto
scettico nei confronti dei paesi arabi.'
In questo clima fu deciso di accogliere i cadetti ''a condizione
tuttavia che da parte israeliana ci si impegni formalmente a non dare
alla cosa pubblicita' alcuna''. Il capo della missione diplomatica
israeliana a Roma, Sasson, dopo un incontro con Giuliano del Balzo,
scrive al direttore del Dipartimento Europa occidentale del Ministero
degli Esteri israeliano, Emil Dikan : 'L'Italia sa che l'amicizia con
Israele e' scontata, ma con gli arabi e' costretta continuamente a
compiere gesti concreti''.E uin una nota successiva rileva che
''l'Italia merita prima di tutto la nostra comprensione e non
dobbiamo adottare nei suoi confronti gli stessi parametri di giudizio
che utilizzano con Francia,Inghilterra e Stati Uniti'', perche'
questi tre Stati esercitano ''una influenza internazionale
permanente''. Il ministro Sasson offriva anche assistenza diplomatica
alla nostra povera Italia, cosi' tanto priva d'influenza e di status
internazionale, come si puo' leggere nella nota di un diplomatico
italiano dopo averlo accolto nella sede del Ministero a Roma :
'Il signor Sasson dopo aver insistito sui buoni rapporti
italo-israeliani, ha chiesto, nei termini di cui all'accluso appunto,
se da parte italiana si sarebbe gradito che in occasione della
prossima visita negli Stati Uniti del Presidente Scelba, gli ebrei
americani 'mobilitassero' a nostro favore le loro numerose influenze
perche' le accoglienze al Capo del Governo italiano fossero
particolarmente calorose.'
Valutazioni e analisi taglienti di Sasson vanno avanti con gli
stessi toni. Nel 1956, scrive al proprio ministro degli Esteri:
'L'unico elemento di continuita' nella politica estera italiana
dal momento dell'entrata nelle Nazioni Unite e' costituito dal
territorio di penetrare la nostra regione. Tutti i partiti hanno il
medesimo obiettivo, ma ognuno lo concepisce in modo diverso. Da qui
l'apparente instabilita' della loro strategia. '
Troppi segreti di Stato
Per comprendere quanto siano intrecciati i rapporti ufficiali e
non ufficiali tra Israele e Italia basta
leggere le inchieste sul Banco Ambrosiano, su Roberto Calvi e su
Marcinkus, e sui loro incontri periodici con i capi del Mossad
denunciati da Ostrovsky; o su quel personaggio inquietante che e'
Francesco Pazienza, ex agente del Sismi, oltre a tutte le storie che
ho cercato di raccontare. E per capire anche quanto sia capillare la
penetrazione dei servizi segreti israeliani nelle vicende italiane.
Un'amicizia cresciuta, negli ultimi anni, e consolidata con l'accordo
di cooperazione militare firmato dal primo governo Berlusconi.
Prevede ''acquisizioni e produzioni congiunte di armamenti come
bombe, mine, razzi, siluri, carri, esplosivi ed equipaggiamenti per
la guerra elettronica'' e anche cooperazione bilaterale nel settore,
Amicizia che, grazie alla struttura della legge, resta top secret e
non viene riportata nelle statistiche pubbliche. Che l'Italia compri
o venda armi e ' un dato noto, ma la legge italiana vieta il
commercio con paesi in stato di guerra e cio', naturalmente, dovrebbe
precludere Israele. Le intese turbano Amnesty International e il
movimento per il disarmo, ma non sembrano creare problemi al governo
o all'opposizione. Cosi' come ha dato qualche fastidio soltanto agli
agenti dei nostri servizi segreti la decisione di fornire al Mossad
tutti i loro nominativi. La giustificazione? ''Cosi' si lavora megli
insieme''. Forse e' cio' che avevano in mente i capi del Sismi, negli
anni ottanta, se e' vero che un agente del Mossad, che oggi si fa
chiamare Gerald Westerby, ha fatto parte di una delegazione di
esperti militari italiani in Libia, invitati laggiu' per assistere
all'arrivo di due cacciabombardieri Mig.
Fonte : Mossad base Italia
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