mercoledì 21 dicembre 2016

L'ATTENTATO DI BERLINO, UN'ALTRA FALSE FLAG

Di seguito due articoli che mettono un tassello a supporto della tesi che l'attentato di Berlino e' un'altra false flag

1)  Berlino e l'ennesimo passaporto miracolosamente apparso sul luogo del delitto


Sul camion assassino di Berlino è stato ritrovato un documento che porta sulle tracce del killer. Sarebbe un tunisino e ora lo stanno cercando. È anche trapelato il nome ma non lo riportiamo per senso di pudore.

Spieghiamo: questa storia di documenti ritrovati su macchine usate per gli attentati è roba abusata. Fin dall’11 settembre, da quando il documento di Mohamed Atta fu ritrovato tra le rovine fumanti delle Torri gemelle (l’incendio fu domato solo due mesi dopo), va avanti questa improbabile reiterazione.

Così a Nizza, così nell’attentato al giornale Charlie Hebdo, i documenti dei terroristi appaiono magicamente sul luogo del delitto chiudendo l’inchiesta prima che inizi.

In realtà le indagini di Berlino avevano già portato a un risultato, il famoso pakistano arrestato ieri, che poi si è scoperto essere del tutto innocente. Una falsa pista che ha fatto perdere un giorno prezioso. Utile all’assassino per far perdere le sue tracce, e magari abbandonare il Paese.

Come per Charlie Hebdo l’attentato è opera di professionisti. L’uomo, o gli uomini che hanno colpito a Berlino, hanno sequestrato il camionista polacco verso le quattro del pomeriggio. Per poi prendere dimistichezza con il mezzo, come indicano le accensioni del motore multiple registrate dal gps.

Presumibilmente hanno motivato il loro gesto come un tentativo di furto, che ha consentito loro di convincere il conducente a seguirli sotto minaccia delle armi.

Particolare importante, appunto, che indica l’opera di professionisti: se avessero ucciso l’uomo prima dell’azione c’era il rischio che il corpo fosse scoperto, mandando all’aria tutto (sarebbe scattata la caccia al camion).

Né per lo stesso motivo è ipotizzabile sia stato ucciso molto prima del fatto, ché girare con un cadavere nell’abitacolo può destare attenzione.

Come per Charlie Hebdo anche a Berlino non si riscontra l’opera di kamikaze, come usano i jihadisti, altro indizio di professionismo.

Professionisti che non hanno agito secondo le istruzioni del perfetto attentatore redatte nel dettaglio nelle riviste patinate del Terrore (Dabiq, Rumiyah).

Secondo tali istruzioni, una volta che il camion lanciato sulla folla si è arrestato, il guidatore killer dovrebbe scendere e continuare la mattanza con armi da taglio (più facili da reperire e da far passare inosservate).

Nulla di tutto questo è successo a Berlino. L’attentatore o gli attentatori dopo aver lanciato il camion sulla folla si sono dileguati, anzi per usare un termine più corretto sono esfiltrati tramite una via di fuga. Conservando in questo frangente un perfetto sangue freddo (altro che pazzo esaltato…).

Nessun urlo Allah Akbar o altro, come d’uso. Chi ha ucciso si è semplicemente eclissato, come un criminale comune che tiene alla sua vita e alla sua libertà.

Ma veniamo a un particolare oggi molto pubblicizzato, che fa ipotizzare un’esfiltrazione un po’ più complessa di quella che si era immaginato ieri, quando si è inseguito il richiedente asilo poi risultato innocente.

A quanto ripetono i media, fonte polizia, la cabina del camion risulta inondata di sangue. Particolare che denota, secondo tali ricostruzioni, una lotta interna: il conducente del camion avrebbe combattuto contro il suo/i assalitore/i prima di essere ucciso.

Usiamo il plurale perché l’autista polacco era un colosso (così il fratello e le foto), e ci volevano due uomini a tenerlo a bada. Anzi uno armato, mentre l’altro guidava. D’altronde immaginare un ladro di camion che guida per ore con a fianco, libero, un colosso ostile è alquanto difficile.

Come è difficile ipotizzare, come fanno tante ricostruzioni, che sia stato proprio il conducente eroe a deviare il camion, impedendo che la strage fosse maggiore.

Presupporrebbe che l’assassino, o gli assassini, si siano lanciati sulla folla con lui ancora vivo a bordo, cosa invero bizzarra da immaginare per dei professionisti che ben sanno che a quel punto sarebbe scattata una reazione spontanea dettata dalla disperazione, che poteva far fallire tutto.

Più probabilmente la lotta è avvenuta un momento prima che il camion fosse avviato al suo ultimo appuntamento. Il conducente polacco doveva essere eliminato per tacitare un testimone scomodo, altro segno di professionismo.

Il rapito deve aver reagito e ne è nata una colluttazione, terminata con la sua morte. Deve esser avvenuto poco prima, si è detto, e per avere la meglio, il sequestratore ha utilizzato, oltre che l’arma da taglio, anche una pistola. E questa col silenziatore perché non si deve sentire la detonazione (che non si è sentita). Arma non usuale nelle operazioni dei jihadisti.

A questo punto il camion è stato lanciato sulla folla, con uno o due uomini a bordo. Uno dei due, infatti, potrebbe esser sceso subito dopo l’omicidio del conducente, per dileguarsi (magari usando un’automobile, come vedremo di seguito).

Quindi la corsa assassina, appunto. Dopo la quale l’autista-assassino semplicemente scompare. C’è sangue nella cabina, si è detto, tanto sangue. Tanto che il primo indiziato è stato scagionato proprio dal fatto che i suoi abiti erano puliti (e dalla prova dello stub, che ha escluso abbia sparato).

Davvero difficile immaginare qualcuno che cerca di nascondersi tra la folla, prendere un mezzo o la metro, coperto di sangue. Più probabile che, sul luogo, vi fosse un’automobile pronta ad accoglierlo/i e a farlo/i esfiltrare.

Insomma, un’operazione un po’ più sofisticata e complessa di quanto viene raccontato. Che prevede l’opera di gente spietata, sì, ma non esaltata. Professionisti, appunto.

Che non vanno a compiere attentati portandosi dietro un passaporto o, se anche fosse, non lo perdono sul luogo del delitto, dal momento che è tra le cose più importanti da evitare.

Un passaporto comparso peraltro, magicamente, solo il giorno successivo alla strage, altrimenti non avrebbero arrestato subito un innocente.

Possibile che siamo davanti, per l’ennesima volta, a dei professionisti oltremodo sbadati. E però qualcuno potrebbe avanzare il sospetto che magari si sia cercato un capro espiatorio per chiudere la vicenda e per evitare che dilagasse il panico. O altro e più oscuro. A pensar male, purtroppo, ci si azzecca.


Fonti :

http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-berlino_e_lennesimo_passaporto_miracolosamente_apparso_sul_luogo_del_delitto/16658_18338/

http://piccolenote.ilgiornale.it/30579/berlino-il-passaporto-del-terrorista

2)BERLINO: HA DIMENTICATO IL DOCUMENTO NEL CAMION…


Vedete? Anche la polizia e i  servizi tedeschi imparano presto. Prima si lasciano scappare  il terrorista della strage di Natale; ma il giorno dopo, guardando meglio, scoprono  che  –  come tutti i terroristi  islamici –  ha lasciato nel vano porta-oggetti  il suo documento  di prolungamento della permanenza in Germania (Duldungsbescheinigung) che è praticamente la prova   della sua identità.
Lo ha fatto uno dei fratelli Kouachi dopo aver sparato a  quelli di Charlie Hebdo; hanno cambiato auto,  ma nella prima hanno dimenticato la carta  d’identità di Said.



E lo stragista di Nizza, Lahouaiej-Bouhlel?  Anche lui, prima di lanciarsi nella folle corsa omicida e suicida, pone

              


in bella vista patente di guida, carta d’identità, telefonino, persino carte di  credito.
I primi documenti recuperati sono stati quelli di un paio di terroristi dell’11 Settembre.




Da allora, è una certezza per gli investigatori: cercate bene  sui sedili, sotto la cenere, nella guantiera, e smetterete  di brancolare nel buio.  Potrete  diffondere ai media la vera e certa identità del mostro e, se è un fuggiasco,  procedere alla sua cattura. In questi casi sempre conclusasi con l’uccisione del mostro, che invariabilmente risponde al fuoco gridando Allah Akhbar!  Sicchè non ne vien preso vivo uno.  Succederà, possiamo profetizzarlo, anche al “tunisino “ identificato dalla polizia tedesca.
Un amico mi chiede: ci prendono per scemi al tal punto da ripetere continuamente lo  stanco trucchetto sapendo che la massa se la  berrà comunque – o almeno i giornalisti ce  la fanno bere – oppure magari, questo  è  “un messaggio” che i perpetratori lasciano a chi deve intendere?
Penso  che, senza escludere la prima, sia giusta la seconda ipotesi. Le smagliature nella narrativa  di cui sono sparsi i crimini della strategia della tensione, non sono goffaggini, non sono sfuggiti; sono voluti, e sono una sorta di “firma”.  Il servizio sta dicendo “siamo stati noi”, ai servizi altri.
Per esempio, si  è appreso che Daesh ha rivendicato la strage di Berlino – come di consueto, attraverso il SITE di Rita Katz. E’ appunto una “firma”.



Stato Islamico, AL Qaeda, Bin Laden ai suoi tempi, hanno sempre garantito al SITE l’esclusiva dei loro messaggi. Copio e incollo quel che ne scrive il sito Panamza.
“Generalmente presentata dalla stampa occidentale come un semplice “Centro di controllo dei siti islamici”, sito è più esattamente una farmacia di propaganda diretta da una ultra-SIONISTA ISRAELO-statunitense denominata Rita Katz.
Quest’ultima si è fatto conoscere sulla scena internazionale dal suo ottenimento “esclusiva” di documenti audiovisivi imputati ai leader di Al Qaeda.
Il giorno dopo gli attentati di Parigi, SITE è anche stata la prima organizzazione a diffondere la presunta richiesta ufficiale dello Stato islamico
(www.panamza.com%2F01122015-daesh-rita-katz&h=lAQFEHduS&s=1)

Site fu l’organismo che affermò di aver inoltre ” autenticato ” il precedente ” messaggio audio ” di Abu Bakr al-Baghdadi 
(http://www.panamza.com/omega-style)

SITE aveva anche annunciato la pseudo-reiterazione del figlio di Osama Bin Laden nel 2016
(http://panamza.com/hamza-ben-laden)

SITE  venne finalmente la prima agenzia ad aver annunciato la messa online del video del jihadista larossi aballa, presunto autore del duplice omicidio di magnanville

(https://www.facebook.com/panhamza/photos/a.259863080821062.1073741827.258337060973664/676043722536327/?type=3&theater)

Dal 2001, “SITE” costituisce una sorta di servizio post-vendita della grande mistificazione israelo-statunitense del 11-Settembre: il gruppo trasmette immagini o messaggi destinati a mantenere e convalidare presso media-staffetta docili alla presunta ” Guerra al terrore ” progettata in origine da Benjamin Netanyahu (già nel 1979, tramite il suo ” Istituto Jonathan “), lanciata da George Bush nel 2001 e perpetuata oggi dal clan riunito attorno a François Hollande, Bernard Cazeneuve e Manuel Valls.
Da notare: decantati dalla stampa tradizionale francese, Wassim Nasr (Francia 24) e David Thomson (Rfi)-che si presentano come esperti indipendenti del jihadismo – hanno annunciato su Twitter la “pretesa” Dell’Isis a-rispettivamente-20 H29 e 20 h39, sia una quindicina di minuti dopo l’organizzazione di Rita Katz 

(https://twitter.com/SimNasr/status/811292346549579776)
(https://twitter.com/_DavidThomson/status/811294895591817221)

Promemoria chiave: specialista dell’intelligence militare, vicino ai servizi segreti e consulente della nato, un israeliano decorato da shimon peres era al mercato di Natale di Berlino, “pochi minuti” prima la carneficina 

(http://www.panamza.com/201216-berlin-israel/)

Fonte :

http://www.maurizioblondet.it/berlino-dimenticato-documento-nel-camion/












1 commento:

  1. scusa tanto, ma ti immagini nel caso in cui l'attentatore fosse morto senza documenti ? come si sarebbero potuti avvertire i famigliari ?

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