“Sarebbero quasi 4 miliardi di dollari i ricavi dalla produzione interna russa derivanti dalla politica di sostituzione delle importazioni. Si tratta di formaggi e salumi nazionali e di altri prodotti che prima venivano importati dall’estero e che ora sono stati sostituiti dalla produzione russa”. È quanto ha dichiarato il vice ministro dell’Agricoltura Evgenij Gromyko all’inaugurazione della mostra “Prodexpo”.
L’embargo alimentare è entrato in vigore in Russia dall’agosto 2014 e riguarda una serie di Paesi che hanno introdotto le sanzioni nei confronti della Federazione. Sotto la scure dei divieti sono finiti carne e derivati, latte e prodotti caseari, pesce e prodotti ittici e frutta e ortaggi.
In precedenza il ministro dell’Agricoltura, Aleksandr Tkachev, aveva dichiarato che a causa dell’embargo la Russia aveva diminuito il volume di import dell’agroalimentare da 60 a 20 miliardi (a partire dal 2014). A suo avviso, i prodotti russi costituivano l’80–90% dell’assortimento presente nei negozi.
Il mercato delle carni
Secondo i dati dell’Associazione nazionale carni, lo scorso anno la produzione di carne di pollame, suina e di manzo avrebbe avuto un incremento del 5,1% rispetto al 2015.
“Nel 2017 il trend di riduzione delle importazioni di carne continuerà, ma non sarà più critico e influirà in certa misura anche sui prezzi. Sull’import di pollame inciderà solo per il 4,2%”, sostiene Diana Nizovtseva, esperto capo dell’associazione.
Tuttavia, nel complesso il limite di crescita nel mercato delle carni si è esaurito. L’indicatore del consumo di carni ha raggiunto in Russia la discreta cifra di 73 kg pro capite, superato solo dall’indicatore del 2013 secondo cui i russi avevano consumato 75 kg di carni pro capite all’anno.
Il freno principale a un ulteriore incremento del consumo di carne è determinato quest’anno dal basso livello dei redditi della popolazione. Le condizioni del mercato interno difficilmente garantiranno dei livelli elevati di consumo delle carni. La via d’uscita è una sola: cercare mercati per l’export.
Quattro miliardi di dollari: è questa, secondo il Ministero dell’Agricoltura, l’entità dei ricavi derivanti dalla politica di sostituzione delle importazioni. Si tratta perlopiù di formaggi e salumi che prima venivano importati dall\'estero e che ora vengono prodotti in loco.
Gamberi in ascesa
Il settore ittico registra un forte calo nelle importazioni di pesce dovuto all’aumento della produzione russa. La flessione registrata lo scorso anno è quasi del 9%, pari a 511,6 migliaia di tonnellate. La Russia acquista all’estero quantità assai meno ingenti di aringhe, salmone e persino di acciughe affumicate sott’olio. Inoltre, i pescatori russi sono riusciti a incrementare le esportazioni, anche grazie all’aumento delle forniture di prodotti ittici lavorati e conservati.
Come spiega German Zverev, presidente dell’Associazione nazionale delle aziende ittiche, le controsanzioni hanno reso più attrattivi gamberi, aringhe e salmoni russi.
Il problema anche quest’anno sarà costituito dalla diminuzione del potere di acquisto della popolazione.
La concorrenza nel settore caseario
La produzione di latticini registra una lieve crescita pari a 17,8 milioni di tonnellate. Tuttavia, la carenza di formaggi ha portato i prezzi del latte crudo a livelli record. I produttori caseari russi devono affrontare la concorrenza dei prodotti più a buon mercato della vicina Bielorussia.
La Russia continua a restare uno dei maggiori importatori di prodotti caseari, ma lo spostamento della domanda verso prodotti più a buon mercato provoca nel complesso un calo della produzione (principalmente di formaggi, burro e ricotta). In compenso aumenta la produzione del latte comune.
Gli esperti non prevedono alcun miglioramento della situazione per il 2017.
Frutta e verdura
Ma il mercato degli ortaggi e della frutta è ancora ben lungi dall’essere saturo e per il 2017 sono attese novità positive. La maggiore speranza per una crescita della produzione risiede in primo luogo nell’incremento delle superfici destinate a serre e giardini intensivi.
Solo nel 2016 si prevedeva di adattare 185 ettari a serre e nei prossimi cinque anni si programma di creare altre 400 serre su una superficie complessiva di 2mila ettari.
Secondo le valutazioni degli esperti, per soddisfare la domanda russa di ortaggi prodotti in serre e chiuse e aperte, la produzione dovrebbe raggiungere annualmente 1,8 milioni tonnellate (attualmente è di 800 mila tonnellate). Per conseguire tale obiettivo occorreranno altri 3-4 anni.
Riguardo alla frutta, gli investitori hanno cominciato a investire nella creazione di frutteti, e principalmente di meleti. È chiaro che rispetto alla frutta esotica alla Russia non conviene ingaggiare una battaglia per contrastare le importazioni. Secondo gli esperti, la produzione di mele sarebbe più redditizia di quella di cereali e non richiederebbe investimenti così ingenti. Ora il rischio maggiore risiede in un annullamento degli effetti delle controsanzioni.
Fonte :
http://www.consolatorusan.it/pag.php?n=751
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